C’è speranza: viaggio di BRIT nel Sud Italia

BRIT Tour 2021 nel Sud Italia.

Questo Tour è durato dal 6 di agosto al 22 di agosto. E' stato un viaggio esplorativo di lavoro di BRIT nel Sud Italia con lo scopo di incontrare alcune comunità e alcune persone che hanno ideato, guidato e realizzato un cambiamento sociale ed economico rilevante per la comunità locale, cambiando il paradigma corrente verso un nuovo modello molto più produttivo, di sviluppo sociale ed economico. Abbiamo, Federica Benatti ed io, visitato alcune regioni del SUD dove intuivamo azioni innovative ad alto impatto: Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e le città di Siponto, Biccari, Vaccarizzo di Montalto Uffugo, Grottole, San Floro, Favara, Sciacca. Con "visita" intendo una esplorazione dettagliata di alcune iniziative di "rottura" col passato, che avessero portato cambiamenti significativi e osservabili sul territorio locale.

Potete vedere oltre una trentina di videoclip di intervista agli attori principali di tali iniziative; di solito persone che vivono localmente il terzo settore e che hanno avuto la capacità di " immaginare" un possibile migliore futuro e di "realizzarlo".

Trovate tutto questo materiale a questo indirizzo (la piattaforma digitale di BRIT): https://www.mundobrit.com

Siamo arrivati, ad oggi, alla pubblicazione della sesta puntata (Favara) e manca solo Sciacca, ultima nostra tappa.

Quale risultati? E' ancora un po' presto per tirare le fila del lavoro svolto che è stato tanto, perchè oltre alle interviste mirate ai personaggi che hanno creato il cambiamento strutturale nei territori, abbiamo osservato il contesto, dialogato con diversi attori locali, sperimentato attività e fatto esperienze che ancora vogliamo metabolizzare.

Posso però esprimere le prime sintesi che mi sento di condividere e voglio essere sintetico, esprimendole in tre punti:

1. C'E' SPERANZA PER L'OGGI E PER IL PROSSIMO FUTURO, perchè le trasformazioni sociali ed economiche attuate sono diventate ovunque un bene che la comunità locale ha apprezzato, condiviso e partecipato, altrimenti avremmo avuto difficoltà a riconoscerle;

2. IL TEMPO speso per ideare e poi concretizzare è stato di … ANNI, dobbiamo e vogliamo esprimerlo chiaramente; pur essendo state realizzate le iniziative soprattutto da "privati", con contributi economici e finanziari privati ed altri ottenuti dalla vittoria di bandi nazionali ed europei, gli investimenti hanno prodotto impatti significativi sul territorio locale;

3. LE INIZIATIVE SONO STATE REALIZZATE DA "GIOVANI". Questo è un punto chiave per il futuro perchè ci dice che dobbiamo investire sulla ISTRUZIONE dei giovani e, vista la durata necessaria per realizzare e "irrobustire" la strategia, ciò significa che pur partendo oggi dobbiamo pensare alla educazione dei giovani come la risorsa chiave sul lungo termine. La sfida riguarda il lungo termine, non ci sono soluzioni miracolistiche di breve termine se non la capacità di concentrare i primi investimenti sui "giovani", includendovi i giovanissimi, cioè le nuove generazioni 5-6 anni >>>19-25 anni e le donne, che si sono rivelate, a mio avviso, la risorsa più impegnata e più protagonista.

Open Innovation per l’Italia: trovare talenti e innovazione nelle start-up

Open Innovation (O.I.) è nata nell'anno 2000 grazie a Lafley , presidente di Procter&Gamble; ha trovato il suo nome nel 2003, datogli da Henry Chesbrough; si è sviluppata attraverso una decina di Broker, soprattutto USA ed è approdato in Italia più o meno nel 2010 attraverso il Broker NineSigma e le iniziative di BancaIntesa San Paolo che ha lanciato le start-up come driver dell'open innovation.

Ho riassunto, forse anche troppo velocemente, la breve storia di O.I. perchè volevo arrivare al punto, alla domanda: che cosa significa oggi, in Italia, Open Innovation?

La risposta non è facile; ho analizzato una trentina di casi che avevano come promotori i soggetti più disparati: aziende, broker, Regioni, Fondazioni, imprenditori, manager, Università, mecenati, consulenti. Volevo scoprire se ci fosse un leit-motiv, un filo conduttore, una direzione. 

Il quadro che emerge è davvero variegato e complesso perchè OI sta trasformandosi velocemente e sta includendo diversi approcci e strumenti quali:

  • premi per "contest" sull'innovazione,
  • piattaforme per l'incontro tra domanda ed offerta d'innovazione,
  • scuole per allevare le start-up, denominate "incubatori" ed "acceleratori",
  • incontri con finanziatori tradizionali, quali business angel, venture capitalist; ma anche forme moderne come il crowd-funding; 
  • processi per far incontrare domanda ed offerta, organizzati da broker,
  • laboratori per facilitare la sperimentazione, 
  •  spazi di co-working e di scambio, 
  • inclusione dei vincitori di contest in spazi di ricerca e sviluppo di grandi aziende, 
  • scouting e successiva acquisizione di start-up da parte di grandi aziende.

Una ricerca di Accenture per l'associazione "G20 Young Entrepreneurs Alliance" ha identificato un "journey" di OI che il grafico qui sotto sintetizza:

Una iniziativa d'impresa che si chiama "Digital Magics" sta ora proponendo una "via italiana" all'O.I. che la sua AD, Layla Pavone sintetizza così:

"il 2016 sarà anche l'anno dell'Open Innovation perchè grazie anche alla possibilità d'integrare talenti e innovazione nelle aziende italiane, attraverso il contributo delle startup, credo potremo assistere ad un'accelerata dal punto di vista della produzione di nuovi prodotti e servizi che emergeranno a livello globale e che ci consentiranno di tornare ad essere leader indiscussi".

Guardate qui l'articolo.

Prima di trarre una conclusione è utile analizzare il "viaggio OI" proposto da Accenture:

1a fase (storica, dal 2010) CORPORATE VENTURES, sta declinando d'importanza.

OI significa che le grandi imprese comprano quote (o il 100%) di startup e di PMI con grandi potenziali di business e grande know-how tecnologico; così facendo riducono/bilanciano il rischio d'impresa; le piccole imprese traggono un beneficio essenziale, quello finanziario.

2a fase (attuale) INCUBATORI & ACCELERATORI, in crescita moderata.

OI significa che le grandi imprese o reti d'imprese ed università costruiscono degli incubatori ed acceleratori per formare gli imprenditori delle  startup; gli imprenditori sono consapevoli che devono far crescere le loro competenze manageriali e di business e quindi cercano ambienti di apprendimento favorevoli, anche per allineare le loro priorità con le esigenze reali delle grandi imprese e dei mercati. 

3a fase (attuale) INNOVAZIONE COLLABORATIVA, alto tasso di crescita. 

OI significa che grande impresa e start-up co-creano l'innovazione su scopi comuni. 

Gli imprenditori di startup e PMI sfruttano questa partnership con la grande impresa per trovare le opportunità di mercato, per tutelare e valorizzare i loro brevetti, per fare co-branding. 

4a fase (futuro) ECOSISTEMA DELL'INNOVAZIONE.

OI significa che è solo l'eco-sistema dell'innovazione che abilita le soluzioni per le grandi sfide. Una piattaforma digitale per la collaborazione estesa a tante aziende di varie dimensioni è assolutamente necessaria. 

Gli imprenditori di startup e PMI cercano programmi di collaborazione di lungo termine, condivisione di IP e soluzioni/competenze complementari. 

La mia conclusione è la seguente: accanto a forme sempre più sofisticate ed efficaci offerte dai Broker di OI (vedasi NineSigma, ad esempio: contest, piattaforme per innovatori, ecc.), si stanno aprendo nuove strade soprattutto per le startup, che in Italia sono un carattere distintivo e il cui numero sta crescendo esponenzialmente; le startup verranno sempre più viste dalla grande impresa come una opportunità di "soluzione" per:

  1. bilanciare il RISCHIO d'impresa, ossia investire il proprio capitale di rischio solo nelle tecnologie "core" ed affrontare la DIGITALIZZAZIONE dei propri prodotti e processi con investimenti limitati (acquisto di quote di partecipazione nelle startup) per poi decidere, con calma, se e  quanto investire nelle nuove tecnologie; 
  2. IN-SOURCING di competenze sulle nuove tecnologie, soprattutto digitali, attraverso le startup, quindi con limitati costi ed investimenti; oppure usando broker per accedere a grandi mercati di SOLUTORI; 
  3. COMUNICARE, attraverso il supporto alle startup, un ruolo moderno e aperto verso l'innovazione e la collaborazione tra "grande e piccoli".

Per le startup e le PMI si aprono buone opportunità:

  1. ALLINEARE i propri business plan alle esigenze del mercato e di grandi compratori/partner come le grandi imprese; 
  2. creare VOLUMI di ricavi più certi e su orizzonti di più lungo termine; 
  3. acquisire capitali di rischio di Terzi per garantire sviluppo aziendale.

 

Food & Nutrition. Barilla lancia una “grande sfida”: il protocollo di Milano

Fonte: fotografia di Carl Warner

L'alimentazione e la nutrizione stanno diventando uno dei mantra moderni e sempre di più fare la domanda&risposta “Dimmi che cosa mangi, ti dirò chi sei” ci propone scenari paradossali. Un esempio ? un miliardo di persone soffre la fame nel mondo e un miliardo di obesi soffre di malattie ed ha un'aspettativa di vita più breve della media (i dati più precisi sono: 868 milioni di persone malnutrite e 1,5 miliardi di obesi e in sovrappeso).

Ci sono tanti paradossi. Un'azienda italiana, BARILLA, ha raccolto la sfida ed ha elaborato una proposta d'AZIONE, che ha chiamato “protocollo di Milano”. Recentemente è stato adottato come il Manifesto di Expo 2015.

Che cos’è il Protocollo di Milano? E’ la proposta di unirsi, di collaborare, rivolto soprattutto ai grandi operatori internazionali per dare risposte concrete, per AGIRE su tre fronti:

1.    lo spreco di risorse alimentari;

2.    lo sviluppo di una agricoltura sostenibile;

3.    la riduzione della fame e dell’obesità.

Spreco di cibo: si vorrebbe ridurre del 50%, entro il 2020, lo spreco di cibo, pari ad un terzo della produzione globale di cibo, cioè a 1,3 miliardi di tonnellate; 

Agricoltura sostenibile: si vuole ridurre e contenere la conversione di terreno agricolo a produzione di bio-combustibili, tanto da stare al di sotto del 5% del totale delle fonti rinnovabili. Inoltre la speculazione finanziaria sul cibo deve essere mitigata, limitando il numero e la quantità di cibo “commodity” gestite nelle borse internazionali.

Fame e obesità: si vuole agire sulla malnutrizione e la fame nel mondo agendo su fattori critici come l’efficienza della produzione, l’accesso al mercato per i piccoli produttori, l’informazione sulla malnutrizione cronica, l’inclusione delle donne. La malnutrizione causa il 45% delle morti nei bambini sotto i 5 anni e avviene, per l’80%, in  20 paesi. Per carenza di cibo muoiono 36 milioni di persone ogni anno; per eccesso di cibo 29 milioni. Si vuole agire sull’obesità  attraverso nuovi stili di vita virtuosi, incoraggiando l’attività fisica e la diffusione di diete efficaci, soprattutto per bambini ed adolescenti.

Il 3 e 4 dicembre si è tenuto a Milano il 6° Forum su Cibo e Nutrizione, organizzato dalla Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition, per “rompere il ghiaccio” sul protocollo di Milano. In questa due giorni sono emerse proposte che possono creare davvero un impatto decisivo sull’economia mondiale del “food”. Potete guardare i video dell’evento, con ottima traduzione, qui.

La mia personale riflessione, dopo aver ascoltato tante relazioni, e aver riflettuto sul protocollo di Milano, si può condensare in tre proposte:

COMPLESSITA’. Cibo e nutrizione costituiscono uno dei temi più complessi che oggi dobbiamo affrontare per la sostenibilità del pianeta Terra. Il pericolo si annida nella complessità, ove i fenomeni NON lineari creano grandi rischi: infatti i fenomeni non lineari, e sono tanti, sono quelli che sembrano offrire, a prima vista, un risultato virtuoso, ma poi, nel reale svolgimento, creano effetti dannosi. Un esempio per tutti è la devastante politica di sfruttare i terreni agricoli per produrre bio-combustibili.

La proposta è la seguente: dedicare energie e intelligenze per rappresentare questa complessità in modo trasparente, generando modelli di analisi, interpretazione e decisione: usiamo il modello di “system dynamics” (quello di Forrester) come metodo di primo approccio.

INCLUSIONE. La parità di genere è una risorsa potentissima per innescare, in un mondo di disuguaglianze, una rivoluzione culturale profonda: lo “sguardo” delle donne fa la differenza. Laddove le donne sono state aiutate a superare le diseguaglianze e la povertà si sono ottenuti enormi cambiamenti: il microcredito in paesi poveri come il Pakistan ha prodotto nuova economia. Facciamolo anche per il cibo.

SOSTENIBILITA’. Promuoviamo l’idea, con i Manager e gli azionisti delle imprese, che la sostenibilità del “food &nutrition” porterà vantaggi alle imprese, e che non si tratterà di aumento di costi ma di miglioramento della competitività, del premium price, della reputazione.

E noi, come decisori del nostro stile di vita, possiamo fare subito un piccolo cambiamento per una alimentazione più consapevole e sostenibile ?

Formazione continua, cambia il gioco per cambiare i giocatori

La formazione continua sta entrando nel sistema Italia. I liberi professionisti architetti ed ingegneri hanno raggiunto il gruppo quest'anno, e sono oltre 170.000. Siamo, come Paese, in ritardo rispetto ad altri europei come la Danimarca dove già dal 2012 ben il 31,6% delle aziende era attivo nella formazione continua, rispetto al 6,6% dell'Italia. Ci sono anche segnali contraddittori come la "distrazione" di centinaia di milioni di € dai Fondi Interprofessionali per la Formazione verso la cassa integrazione in deroga. La sfida è la capacità di imparare nuove competenze perchè le professioni cambiano a gran velocità e la trasversalità delle conoscenza è talmente alta da costituire un vantaggio ma anche una "concorrenza" da parte di outsider, provenienti da altri percorsi professionali.

Il gioco sta cambiando e il manifesto per la formazione continua dell'AIDP (associazione italiana per la direzione del Personale) spiega molto bene i principi su cui il nuovo gioco si fonda nei paesi occidentali. Sono otto principi che qui elenco, ma potete esaminarli leggendo il manifesto:

  1. LA FORMAZIONE E' UN DIRITTO
  2. LA FORMAZIONE E' IL FITNESS PER LA MENTE
  3. LA FORMAZIONE E' ABILITANTE
  4. LA FORMAZIONE RESPONSABILIZZA
  5. LA FORMAZIONE CREA IL TEAM
  6. LA FORMAZIONE E' ATTRAENTE
  7. LA FORMAZIONE PORTA RISULTATI
  8. LA FORMAZIONE CREA CULTURA PER IL TERRITORIO

A questo punto mi sento di aggiungere la mia proposta !

     9. GLI ADULTI IMPARANO ATTRAVERSO l'ESPERIENZAPer consolidare le proprie capacità è necessario RIFLETTERE e CONDIVIDERE la propria esperienza e quindi l'esperienza va raccontata. Chi racconta impara, chi ascolta è stimolato ad accogliere quanto lo colpisce, è stimolato a migliorare i propri comportamenti durante l'AZIONE. Ecco un buon motivo per condividere sempre più con gli altri la propria esperienza.

Troverete nuove parole che sottendono nuove possibilità, come "resilenza", definita come "struttura mentale resiliente, cioè in grado di adattarsi alle continue solecitazioni del mercato"; e come "smart learning" che evoca le nuove applicazioni per apprendere in mobilità attraverso i propri tablet e smart phone, oppure apprendere dai pari in modalità "peer to peer". 

E i nuovi attori chi sono? Siamo sempre noi ! che possiamo trasformarci, cioè acquisire nuove competenze, nuovi orientamenti mentali che ci abilitino a produrre idee e a generare attività facendo percorsi diversi. La sfida è la padronanza di sè per esplorare e generare nuovi mondi!

 

La prima riforma è quella della mente: innoviamo il nostro sviluppo cognitivo!

Ho pubblicato l'articolo che segue in un blog intitolato "Nel futuro", curato da Gianni di Quattro. E' un web che vuole diffondere una cultura positiva per costruire il futuro. Se volete capire lo stile e l'anima del blog leggete il profilo di Gianni.

E’ meglio una testa ben fatta

 La mia formazione e la mia esperienza sono state tecnologiche e al tempo stesso umanistiche, queste ultime spesso vissute come illuminazioni e poi tradotte in azioni, in sperimentazioni.

Ne cito tre per poi approfondire l’ultima: Freud all’età di vent’anni, il Coaching negli ultimi anni ed oggi Edgar Morin e le sue “riforme”. Freud mi ha svelato il mondo della mente, il Coaching la possibilità di vivere le tre dimensioni umane del pensiero, del cuore e dell’istinto. E Morin?

Di Morin mi ha attratto la storia della sua vita, una somma di esperienze e di cambiamenti straordinari, che lo hanno condotto a “fare” ed a scrivere. E poi il fascino delle sue proposte per migliorare il mondo. La sua è una “testa ben fatta”; il significato di questa espressione è quello che lui stesso esprime nei suoi scritti affermando che una testa ben fatta è quella che è in grado di porre bene i problemi, di trattare (risolvere) i problemi, di dare un senso alle conoscenze che contiene, di connettere i saperi ….

Perché parlo di Morin? Che cosa mi spinge, vi chiederete.

La domanda che mi pongo sempre nel mio lavoro per le organizzazioni è molto semplice e ricorrente: che cosa posso fare bene e sempre meglio per migliorare la situazione di crisi che stiamo vivendo, nel senso di agire producendo effetti positivi nelle persone e nelle organizzazioni per cui lavoro.

Mi sono convinto da tempo, prima di incontrare Morin, che sia necessario agire non solo “su”, ma soprattutto “con”: con le persone, con i processi organizzativi. La domanda ripetitiva è sempre la stessa: c’è un riferimento concettuale, una visione, un metodo che mi possa aiutare per produrre un impatto positivo e per …non far danni ? !

Ce ne sono molti, come penserete in questo istante, e ce n’è uno, come vi dico adesso, che organizza e dà un senso; ed è la mappa delle riforme che Morin ha espresso in modo così esaustivo e chiaro nel suo libro “La via[1]. Estrarrò dal suo libro – enciclopedia una definizione, quella di cultura e civiltà; e una riforma, quella del pensiero.

Cultura e civiltà

La “Cultura” è costituita da credenze e valori di una comunità. E’ la somma delle convinzioni dei singoli, è comportamento di tutti i giorni, è individualità, è riconoscibilità di gruppi e di tendenze, è moda. E’ fenomeno osservabile. C’è qualcosa di più strutturato, di processi estraibili dal grande “melting pot” umano? Sì, e Morin lo chiama “civiltà” e ne considera i lati luminosi e i lati oscuri.

La “Civiltà” è il processo di trasmissione dei saperi, delle tecniche, delle scienze da una comunità ad un’altra, da una generazione a quella successiva.

I fattori di civiltà, che oggi consideriamo benefici, stanno mostrando l’altro lato della medaglia, gli effetti negativi. Citerò alcuni di questi “rovesci”:

  • la tecnica, che pone le energie naturali al servizio dell’uomo: ma…tende a fare della vita sociale un gigantesco macchinario umano…comunicazione anonima, muri di gomma, dispenser automatici;
  • lo sviluppo industriale, che produce beni a prezzi sempre in discesa: ma…crea degrado ambientale e quindi della qualità della vita;
  • la crescita, il mantra del PIL, che ha migliorato il potere d’acquisto di beni e servizi di vaste popolazioni: ma…l’acqua potabile viene venduta in bottiglie, la donatività e la solidarietà stanno scomparendo, l’aria pura oramai si compra dalle agenzie turistiche;
  • lo sviluppo urbano ha portato libertà e tempo libero: ma…parte della popolazione è segregata in ghetti, l’anonimato devasta le relazioni sociali, il commercio di prossimità sta scomparendo in molti Paesi; la congestione del traffico ci avvelena.

Che fare? Le proposte di Morin sono concentrate su due azioni, che sono anche nuove consapevolezze, per una riforma delle politiche di civiltà:

  • solidarietà: possiamo passare dal “me-io” al “noi” liberando energie individuali che abbiamo; possiamo facilitare la creazione di cooperative di solidarietà per aiutare i poveri (banchi alimentari, ad esempio); possiamo riumanizzare le città e rivitalizzare le campagne; e così facendo aumenta il senso di appartenenza alla comunità umana;
  • qualità della vita: una faccia è ben nota ed è quella ecologica; l’altra è nascosta ed è quella della convivialità, che si esprime nella comunicazione tra persone e tra gruppi e comunità attraverso l’empatia, la cordialità, la partecipazione a gioie e dolori,  la condivisione affettiva;  è anche una dimensione di vita estetica, le emozioni scatenate dalla bellezza della natura e delle opere d’arte dell’uomo;

Allora, da dove dovremmo partire per migliorare? Dal pensiero che è il capitale più prezioso per la persona e per la collettività.

La riforma del pensiero e dell’educazione

Le crisi umane sono state e saranno in primis crisi cognitive; quindi è la riforma del pensiero quella da cui partire per la riforma della civiltà.

Si parte cioè dal singolo individuo e dai processi educativi che lo dovrebbero accompagnare per tutta la vita, per poi allargare alla sua comunità ed al mondo intero.

La conoscenza e poi lo sviluppo delle abilità di fare si basano oggi su quattro approcci deboli:

  • il riduzionismo: si semplifica la complessità, si separa ciò che è legato
  • vero/falso: si ignorano le situazioni intermedie
  • comportamenti lineari dei sistemi: si ignorano le catene di “reazione”
  • bene/male: sempre opposti e chiari piuttosto che neutrali

La complessità va affrontata ed elaborata riconoscendo le parti, le connessioni, il locale ed il globale: un continuo viaggio di andata e ritorno dal singolo elemento al funzionamento dell’insieme, del sistema. Evviva la complessità che ci stimola a capire sempre meglio.

Che cosa fare per passare ad un nuovo “pensiero” che sappia affrontare e gestire la complessità?

Ci sono tre passaggi importanti:

  • riconoscere il passaggio dal “determinismo” , di oggi, che è semplificatore, all’indeterminismo di domani, aprendoci ai modelli quantistici, ad esempio, dove è la probabilità che guida;
  • riconoscere l’urgenza della “congiunzione” tra sistemi, elementi e conoscenze rispetto all’attuale tanto praticata “separazione” per potere esaminare i singoli componenti isolandoli dal contesto e mettendoli in un contesto artificiale. E’ meglio usare la visione dell’ “eco-sistema” piuttosto che la specializzazione scientifica;
  • riconoscere la potenza della “inclusione” che permette di considerare gli opposti, le contraddizioni apparenti, giungendo ad associarle, per capire, compiendo un atto creativo che ci fa innalzare il livello del pensiero.

Il pensiero “nuovo” ci permetterebbe di ristabilire forza e ruolo delle buone pratiche della responsabilità e solidarietà, di abbandonare il mantra del “ sempre di più” (sempre + PIL) per adottare, invece, il principio del “sempre meglio”. Questo principio permetterebbe la crescita e la “decrescita” contemporaneamente, perché lo si applicherebbe a campi diversi: es. far decrescere i prodotti di consumo inquinanti; far crescere i prodotti rispettosi dell’ambiente e della persona.

L’impatto sul processo educativo, il  “life long learning”, sarebbe enorme:

  • imparare a disimparare, per affrontare consapevolmente le nostre convinzioni e capire i bisogni sottesi;
  • imparare  a vedere i fili sottili che collegano i componenti di un sistema per affrontare la complessità con le metodologie e gli strumenti pertinenti al fine di vedere “l’arazzo” e non soli i fili; e per vedere gli antagonismi, per elaborarli ed includerli; per cogliere gli effetti controintuitivi e adattare gli obiettivi.

Conclusioni

Il nostro tempo sembra essere caratterizzato da un’urgenza, simile più alla sopravvivenza che allo sviluppo. I fattori demografici e ambientali rendono la navicella Terra un luogo così affollato e così fragile che spesso siamo confusi e non riusciamo a capire che cosa sia meglio fare per noi stessi, per la comunità umana e per l’ambiente, la “navicella”. Edgar Morin ci richiama con la parola “riforma” all’incessante movimento della storia umana: la ricerca e la scoperta, e sinora è successo, di nuove e intense consapevolezze e di nuove direzioni per le nostre azioni, ossia di nuovi significati.

Il pensiero di Morin è sintetizzabile con due parole, responsabilità e complessità, e con due proposte: avviare le riforme a partire dalla nostra mente, che dovrebbe integrare cultura umanistica e cultura tecnologica, per accedere ad un sapere nuovo, quello che ci permette di capire e trattare la complessità con strumenti nuovi: l’inclusione e la congiunzione. Insomma guardare al mondo come a un solo eco-sistema e non come a un insieme complicato di elementi separati. E in questo eco-sistema è ancora la mente della persona il primo motore del futuro, a cui dedicare le nostre attenzioni !

 

Giorgio Gaber: “C’è solo la strada su cui puoi contare” come metafora per la collaborazione

 

Carlo Mochi Sismondi scrive su Forum PA, oggi 24 gennaio 2013, una sintesi straordinaria di un possibile futuro per il nostro Paese, fondandolo sulla forza creativa di un atto volontario coraggioso: "uscire dal nostro perimetro" (di azienda, di ricercatore, di pubblica amministrazione…) per coinvolgere gli altri, per farli partecipare, per collaborare. Per me che frequento le buone pratiche dell'open innovation vedo, attraverso le sue parole, la "open collaboration", la rete, il passaggio dal contributo individuale a quello della "folla" (il crowd). 

La metafora che ci offre Carlo viene da Giorgio Gaber, dalla sua canzone "C'è solo la strada su cui puoi contare" ***  

E' una meravigliosa  e potentissima sintesi quella che ci offre Carlo Mochi. Trovate l'articolo su Forum PA in questa pagina.

ll messaggio di Carlo dà speranza, offre una via per cambiare, per ristrutturare le nostre vecchie convinzioni basate sulla forza del singolo individuo e rifondarle sulla "inclusione" degli altri, di tanti singoli…E la differenza è che questi tanti singoli possono collaborare.Mai più soli se vogliamo salvarci.

*** la strofa – metafora è questa:

" C'è solo la strada su cui puoi contare

la strada è l'unica salvezza

c'è solo la voglia e il bisogno di

uscire

di esporsi nella strada, nella piazza

perché il giudizio universale

non passa per le case

e gli angeli non danno appuntamenti

e anche nelle case più spaziose

non c'è spazio per verifiche e confronti

"